Altri fattori di rischio per il Long COVID: meno probabile in una popolazione lavorativa assicurata?
Come mostrato nelle tabelle 1-3, l'infezione grave da COVID-19 è un fattore di rischio per questa patologia. L'età gioca un ruolo importante nella severità di COVID-19. Tuttavia ma esistono anche altri fattori che possono aumentare la probabilità di sviluppare Long COVID. Questi si evidenziano esaminando le caratteristiche e gli esiti di coloro che, ricoverati in ospedale, sono sopravvissuti al COVID-19.
Uno studio effettuato su 246 pazienti trattati per COVID-19 in unità di terapia intensiva (ICU) e sopravvissuti a un anno dal ricovero, presentava le seguenti caratteristiche: età media di 61,2 anni (SD 9,3); 71,5% di sesso maschile, un Indice di Massa Corporea media elevato (28), mentre 25% aveva un IMC >30. Tra questi, solo il 33% aveva un'istruzione professionale o universitaria superiore e il 24% era affetto da una o più malattie croniche. Nei follow-up condotti un anno dopo il ricovero in terapia intensiva, i sintomi Long COVID sono stati riferiti in tre ambiti principali: Il 74% (95% CI, 68,3%-79,6%) ha riportato problemi fisici; il 26% (95% CI, 20,8%-32,2%) ha riportato problemi di salute mentale e il 16% (95% CI, 11,8%-21,5%) ha riportato problemi cognitivi. Inoltre, tra i sopravvissuti che avevano un lavoro prima del ricovero in terapia intensiva, il 58% ha riferito che i sintomi in corso avevano ancora un impatto sulla loro capacità di lavorare un anno dopo, e pertanto lavoravano meno ore rispetto a prima del ricovero o erano ancora in congedo per malattia.11
Questi esiti sono probabilmente una combinazione di sindrome post-ictus e Long COVID in una popolazione con maggioranza di genere maschile, di età avanzata, con comorbilità preesistenti e di essere gravemente malata di COVID-19.
I risultati sono simili a quelli dei pazienti COVID-19 che non sono stati ricoverati in terapia intensiva. Uno studio su 47.780 pazienti ricoverati in ospedale per COVID-19, di cui 43.035 (90%) non erano pazienti in terapia intensiva, ha rilevato un'età media di 64,5 (SD 19,2) e il 55% di sesso maschile. Rispetto alla popolazione generale, le persone ospedalizzate per COVID-19 ma non ricoverate in terapia intensiva, oltre ad avere più di 50 anni e di essere di sesso maschile, hanno anche una maggiore probabilità di vivere in un'area economicamente svantaggiata, di essere ex fumatori e di essere sovrappeso o obesi.12
Lo studio ha inoltre rilevato che l'incidenza delle comorbilità nelle persone affette da COVID-19 era superiore a quella di una corrispondente popolazione esaminatasenza COVID-19. Ciò è dimostrato da una maggiore prevalenza di precedenti ricoveri ospedalieri e dalla presenza di condizioni mediche preesistenti quali: ipertensione, eventi cardiovascolari avversi maggiori, malattie respiratorie e diabete. Durante un periodo medio di follow-up di 140 giorni dalle dimissioni ospedaliere, oltre il 29% di questi pazienti è stato oggetto di successivo ricovero (14.060 su 47.780) e poco più del 12% è morto (5.875). Ulteriori ricoveri e il successivo decesso si sono verificati a tassi quattro e otto volte superiori rispettivo a quelli del gruppo preso in esame. Tali risultati erano sostanzialmente più elevati per le persone ricoverate con COVID-19 rispetto a quelli relativi alla popolazione esaminata, a maggior ragione per i ricoverati in terapia intensiva rispetto a quelli che non lo erano.12